Il Platano di Curinga - un monumento naturale e vanto italiano
Un albero monumentale il Platanus Orientalis di Curinga, nella provincia di Catanzaro in Calabria, che lascia sbalorditi i turisti che si recano a visitare questo gigante della natura, che con più di 14 metri di circonferenza e 31 metri di altezza vanta un'età stimata intorno ai 1000 anni ed è già stato premiato con il titolo di Albero Italiano nel 2020 ed è stato inoltre finalista al concorso di Albero Europeo 2021
Quando la mia amica Teresa anni fa mi parlava di un grande albero vetusto nei pressi della sua Curinga, pensavo sì che valesse la pena arrivare fin lì a dare uno sguardo, ma certo non mi sarei aspettata quella grande emozione che avrei provato trovandomi al cospetto di un tale patriarca della natura.
Non lo vedi finché non ci sei praticamente sotto, nascosto com’è nella boscaglia di pini e arbusti sempreverdi che colonizza il ripido pendio in cui si trova, il grande platano di Curinga è veramente maestoso, per le sue dimensioni, la forma sinuosa dei suoi rami, il fusto completamente cavo, e la corteccia grigia che porta tutti i segni di anni e anni di intemperie, fulmini, alluvioni, siccità e chissà quanti incendi che avranno lambito questo piccolo lembo di territorio che si affaccia sul Tirreno.
La grande apertura nel tronco che oggi accoglie i tanti visitatori alla ricerca del selfie ad effetto, è probabilmente stata rifugio per generazioni di pastori, boscaioli, cacciatori che hanno risparmiato a questo gigante un infausto destino, forse proprio perché preferivano utilizzarlo come riparo.
Il platano orientale, Platanus orientalis il suo nome scientifico, è una specie arborea che cresce spontaneamente dalle regioni mediterranee fino all’Afghanistan. Ampiamente presente nei Balcani, le popolazioni dell’Italia meridionale e della Sicilia sono invece poche e localizzate, e rappresentano il limite occidentale di distribuzione della specie. In genere si rinviene in valloni umidi e fiumare dove forma comunità igrofile insieme a salici, pioppi e ontani. In Calabria, segnalato dal botanico Tenore nella prima metà del XIX secolo, solo recentemente ne è stata confermata la presenza in alcune forre e fiumare del catanzarese (Uria, Beltrame, Ancinale, ecc.).
Per la verità ci sono dubbi sul suo indigenato in Italia, e alcuni autori la considerano una specie alloctona naturalizzata e la sua presenza si fa risalire a introduzioni dai Balcani sia in periodo magno-greco che medievale. Tuttavia queste popolazioni sono ben diverse dalle alberature artificiali che fanno ombra lungo numerosi viali cittadini dove la specie utilizzata è invece un ibrido, Platanus x hispanica, ampiamente coltivato nelle città per la sua grande resistenza all’inquinamento.
Tornando al grande platano di Curinga, la sua presenza in quel luogo pare sia legata anche al vicino eremo di Sant’Elia, monastero basiliano risalente al XI secolo. Molto probabilmente piantato dai monaci basiliani, in quanto in tutto l’Oriente la specie è considerata sacra, simbolo di Dio; oggi è frequente trovarlo piantato in prossimità dei monasteri in Grecia e nel resto dei Balcani.
Rimasto per tutto questo tempo sconosciuto ai più, solo da qualche anno ci si è accorti del suo inestimabile valore. Negli ultimi tempi nel nostro paese è cresciuto notevolmente l’interesse per i grandi alberi monumentali presenti diffusamente lungo tutta la Penisola, con l’incremento dei censimenti e delle misure di tutela verso questi veri e propri tesori naturali. E proprio la Calabria sta dimostrando di essere riuscita a preservare un gran numero di patriarchi, da Italus, l’albero più vecchio d’Europa, alla grande rovere dell’Aspromonte. Anche il nostro platano è stato recentemente oggetto di indagini che ne hanno rivelato dimensioni da record con più di 14 metri di circonferenza e 31 metri di altezza, e un’età stimata intorno ai 1000 anni.
E così i riflettori si sono accesi, grazie anche al Concorso Europeo Albero dell’anno 2021, in cui il Platano di Curinga è finalista dopo essersi aggiudicato il titolo di Albero Italiano 2020. Iniziative come questa puntano a far crescere la coscienza ecologica e la sensibilità verso i temi della tutela della natura in tutti i cittadini, facendo prendere consapevolezza che tutti possiamo fare qualcosa, oggi con un voto, ma domani rimboccandoci le maniche attivamente per difendere il nostro inestimabile patrimonio naturale.
Purtroppo non sempre le luci della ribalta hanno portato fortuna ai nostri patriarchi. Sfuggiti per secoli ai tagli, agli incendi, alle guerre, alle trasformazioni del paesaggio, alcuni di loro hanno dovuto soccombere davanti alla stupidità umana. Come l’abete Prometeo in Sila, e ancora zio Peppe, il pino loricato immortalato nel logo nel Parco Nazionale del Pollino; questi simboli della natura, sono presto divenuti bersaglio di atti vandalici. Incendiati e fatti a pezzi, i loro resti oggi testimoniano tutta la loro fragilità nonostante la maestosità ed imponenza che i secoli avevano conferito loro. È vero anche però che tanti altri patriarchi della natura se ne sono andati in silenzio proprio perché ignorati e quindi neanche protetti.
Il grande platano di Curinga oggi è più fragile che mai, proprio il successo mediatico di questi ultimi mesi sta portando al suo cospetto flussi di visitatori curiosi che, se non opportunamente controllati e organizzati, possono rappresentare un vero pericolo per la sua sopravvivenza. Piante così vetuste vanno facilmente incontro a problemi di stabilità, ulteriormente aggravati da un eventuale aumento dei processi erosivi dovuti al calpestio, all’apertura di sentieri e all’esbosco.
Per questo è bene che questa nuova sensibilità ecologica investa tutti quanti e continui a crescere nelle nuove generazioni, ma si concretizzi velocemente in comportamenti sostenibili e azioni efficaci di tutela della natura.
Qualunque sarà l’esito del concorso, il nostro platano di Curinga ha già vinto per il semplice fatto di averci fatto aprire gli occhi sul grande valore della natura di casa nostra. Ora sta a noi fare in modo che di questa vittoria ne possano godere anche le generazioni future il più a lungo possibile.