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A 13 Bis, la sedia impagliata di Serrastretta

A 13 Bis non è un nome di una navicella spaziale o di una autostrada. Provate a chiedere a Serrastretta. È il nome della sedia per antonomasia, la sigla che indica la sedia di Serrastretta.

Come ogni prodotto costruito dalle mani dell'uomo anche essa è strettamente legata al territorio e a tutto quello che questo offre. Questa produzione, infatti, viveva in simbiosi con uno splendido ed esteso bosco di faggi che forniva la materia prima per la costruzione di questa meraviglia dell'artigianato. Ora i vincoli ambientali ne impediscono il taglio, seppur questo è da sempre controllato e attento al mantenimento della faggeta, e il legname per costruire le sedie arriva da altre parti della Regione.

Lavorazione della sedia di Serrastretta

L'artigiano parte da una grossa tavola di faggio, la guarda, la studia, capisce il verso delle venature, controlla la posizione dei nodi e poi, con le sue forme che usa da guida, procede: disegna, taglia, leviga, rifila e assembla. Pochissimi sono ormai quelli che lo fanno in modo artigianale, quasi nessuno ha avuto il coraggio di imparare e reinvestire sulla manodopera, sull'artigianato: i processi industriali e la velocità che la produzione moderna richiede non dà spazio all'artigianalità.

La sedia di Serrastretta è assemblata senza chiodi e senza colla. Sono solo gli incastri, la perfezione delle forme, l'armonia della costruzione a renderla reale e resistente. Le donne ancora intrecciano la vuda, un'erba palustre proveniente dalle zone umide del crotonese, per costruire la seduta, con sapienza e arte. Gli strumenti della bottega che ci accoglie trasudano anni e tagli, trucioli e calli. Sembra di ritornare indietro di decenni a sentire le parole dell'artigiano che ci ha aperto le porte di questo mondo. La polvere sottile di faggio che si è poggiata ovunque e che ci sentiamo addosso sembra essere parte integrante di Serrastretta, sembra essere il segno indelebile di una economia che rimane ma che si è modernizzata, che sa stare al passo con i tempi. E ci sembra di vedere Gregorio e Luigi Nicotera premiati all'Expo di Torino del 1885 e anche Mastro Francesco Fazio detto Ciccio premiato con la medaglia d'oro a Tripoli, ne ripercorriamo i borghi, ne respiriamo l'aria, ne tocchiamo la segatura di faggio e capiamo, allo stesso momento, che sì, A 13 bis non è una navicella spaziale o una nuova autostrada: è un progetto ingegnoso, è un connubio di equilibrio e tradizione. È la sedia.

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